Rieccoci nel Blog di Camelot, bentornati! Dopo una doverosa pausa per le feste invernali, torniamo ad approfondire le tematiche di cui parliamo in settimana. Ci siamo lasciati a Dicembre sulla cresta dell’onda della Ricerca Attiva di lavoro, dibattendone non tanto l’utilità o la validità (che abbiamo confermato ampiamente esserci in abbondanza), ma la conoscenza stessa: in quanti sanno cosa sia? Apparentemente, pochissime persone. La ricerca attiva di lavoro sta cominciando a farsi strada, un po’ alla volta, anche grazie alla pubblicazione del nostro e-book e il confronto con diversi esperti. Da questo discorso è emerso quanto possa rappresentare una soluzione concreta per chi è in cerca di nuove opportunità. Ma viene da chiedersi: oggi, cosa si fa davvero per insegnare alle persone a orientarsi in modo efficace nel mondo del lavoro? Spesso si pensa che bastino le competenze acquisite durante gli studi, ma i numeri raccontano tutt’altra storia.
Formazione e realtà lavorativa: un divario che pesa
Diciamolo chiaramente: la scuola e l’università, per quanto fondamentali, non bastano. Molti si trovano smarriti quando arriva il momento di entrare nel mondo del lavoro, e la fuga di cervelli è solo uno dei tanti sintomi di questa crisi. Come possiamo ignorare che appena il 18% degli italiani si dice soddisfatto della propria direzione professionale? Forse molti anno accettato la situazione attuale come norma, ma è davvero questo il meglio che possiamo fare?
Gli studi accademico-universitari garantiscono sicuramente una buona parte di strumenti teorici per la formazione dei propri studenti; resta però assordante l’incomunicabilità che avviene-forse per caso o forse per scelta- tra il mercato del lavoro e l’ateneo o la componente formativa in generale. Sarebbe molto interessante non solo scoprire quante facoltà formative italiane adottano strategie orientative, ma anche capire se queste ultime possano davvero mettere i giovani che cercano lavoro sulla giusta strada sin dall’inizio, per garantir loro la possibilità di fare della ricerca attiva e del perseguimento dei propri sogni una parte integrante del ragionare comune delle nuove generazioni.

In Conclusione
Secondo i sondaggi precedenti e secondo il sentito dire, le università che si adoperano per guidare i propri discenti oltre la formazione e verso un lavoro che rispecchi gli studi e i valori acquisiti durante i percorsi di studio sono davvero poche, dato che i più si ritrovano a doversi interfacciare con una realtà professionale piena di sfaccettature e incomprensioni, oltre che di difficoltà di inserimento già note a tutti. Questi fattori fanno si che qualunque passo si intraprenda nella scelta professionale post-studio abbia una valenza non troppo leggera e non immediatamente reversibile, quindi sarebbe solo utile e saggio prepararsi (ed essere preparati in fase di apprendimento) a percorrere i propri percorsi futuri. Nelle prossime settimane, cercheremo di approfondire il discorso, cercando magari il parere esperto di figure direttamente addette alla formazione delle prossime generazioni, cercando insieme di capire quali soluzioni possano essere integrate nei percorsi di studio attuali e migliorare la prospettiva lavorativa italiana.
Come sempre: Buon lavoro .