Quando in questo blog si fa riferimento al “buon lavoro”, non solo si pensa a un modo ben preciso di fare lavoro, si pensa anche e soprattutto a quali siano i problemi principali che aleggiano intorno alla realtà professionale italiana. Di solito, gli errori in cui molte aziende incappano sono legati alla natura sociale del lavoro, piuttosto che a quella economica: nonostante sia palese che il mercato del lavoro presenti una serie importante di falle, sappiamo che l’emergenza più impellente riguarda un’omogeneizzazione necessaria della mentalità impresaria e lavoratrice delle persone, perché le aziende che offrono retribuzioni competitive esistono e non sono poche, seppur piene di strettissimi criteri di selezione; ciò che scarseggia davvero è la presenza di aziende ed imprese che siano impostate davvero verso un l’obiettivo primario di garantire soddisfazione lavorativa. Di norma, enti come l’ Inail esistono apposta per tracciare una rotta ed assicurarsi che ciascun componente del mosaico professionale italiano vi si attenga. Di recente però non è stato così, difatti la Corte dei Conti ha segnalato diverse problematiche significative interne ed esterne all’ente pubblico.

Una deplorevole coincidenza

L’esplosione di questa polemica deriva soprattutto dal contesto storico-sociale che stiamo vivendo negli ultimi mesi, ed il chiaro disinteresse dell’Inail nell’occuparsene. Stando alle segnalazioni della Corte dei Conti, l’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro si troverebbe in stato economico di avanzo crescente: al momento dell’esposto, i fondi extra dell’Inail ammontavano a circa €3,1 miliardi, mentre nel corso della settimana la cifra dichiarata ha oscillato tra i 3,4 e i 3,6 miliardi di euro in avanzo, ma abbiamo preferito non dare questi numeri come buoni, in quanto non provenienti da fonti ufficiali. 

A qualcuno verrà da chiedersi “qual è il problema se l’Inail, un ente pubblico che esiste per la tutela dei lavoratori si trova a disporre di più soldi?” 

Difatti è vero, se non fosse per due piccole note a margine che non sono piccole né a margine: come può un ente che ad oggi si trova con circa 1900 posizioni lavorative vacanti non riorganizzare il proprio personale? Come mai, nonostante i 110 ispettori del lavoro mancanti all’appello, l’ente continua ad accumulare avanzo? Sembra tetramente ironico inoltre, custodire un tale ” tesoretto extra” alla luce dei molteplici infortuni sul lavoro (talvolta letali) che non accennano a diminuire? L’Inail stesso ha fornito i dati recenti: gli infortuni sul lavoro di quest’anno sono in aumento del 7% abbondante rispetto allo scorso anno, i decessi sul lavoro del 19% e, come se non bastasse, le patologie originate dal lavoro sono aumentate di uno spaventoso 35% nello stesso periodo di tempo. Qualora le percentuali non abbiano saputo definire la gravità della situazione, parliamo in termini meramente numerici: solo nei primi due mesi del 2024, si sono registrati 92.711 infortuni sul luogo di lavoro, 119 persone sono morte svolgendo il loro lavoro e poco meno di 15mila persone hanno sviluppato patologie originate dalla propria professione, contando solo i casi accertati al 100%. 

Per dipingere questo mostruoso quadro in maniera ancor più realisticamente dettagliata, basta semplicemente realizzare che questa mattanza riguarda esclusivamente i lavoratori regolari, quindi il povero Satnam Singh e gli altri migliaia di suoi corrispettivi che hanno avuto la sfortuna di morire sul lavoro senza un contratto a norma, non fanno parte del conteggio. Si evince quindi che le vittime più colpite dalla mancanza di tutela lavorativa non sono state contate, e che quindi, leggendo questi numeri terribilmente inammissibili, stiamo semplicemente osservando la punta dell’iceberg che, nonostante la sua “esiguità” riesce a scuoterci l’animo con le sue fattezze (numeri) raccapriccianti.

Per aggiungere la beffa all’ingentissimo danno, l’ente che non si cura nemmeno di rimpinguare i propri settori, di questo avanzo nemmeno beneficia; ad ogni bilancio successivo all’avanzo, quest’ultimo finirà nelle casse del Ministero dell’Economia che, tecnicamente, li reinserirebbe nel mercato del lavoro (bancario) aumentando la possibilità di prestiti statali e magari andando a ridurre il debito pubblico ( che ad oggi è diminuito di €0,6 miliardi dal 2022). 

In Conclusione

Su questi ultimi punti si è espressa la Corte dei Conti, che giustamente si chiede se ci sia malafede da parte dell’Inail, se si tratti di incompetenza o di voluta cecità. in ogni caso, resta inaudito il concetto di un ente pubblico che accumula ricchezze da donare al Ministero del Min.Giorgetti, che tra l’altro risulta essere l’apparato ministeriale che ha speso di più tra tutti i corrispettivi.

Link alla percentuale e ammontare in Euro spesi dai vari Ministeri italiani. 

Come sempre: Buon lavoro .