Nel corso del 2023 si è diffuso l’allarmismo lavorativo relativo all’ingresso in campo di IA che potenzialmente toglierebbero molte mansioni agli esseri umani, di concreto però, l’unico modo in cui questo si è verificato, è stato a causa degli Applicant Tracking System (ATS) che vengono maggiormente impiegati nella ricerca di candidati idonei durante le assunzioni via annunci online da parte delle aziende. Molte realtà lavorative fanno uso degli ATS e al contempo condannano l’IA; come si può garantire un livello minimo di sicurezza ai lavoratori e al contempo compiere questo significativo passo verso il futuro del lavoro?
La prospettiva
Sin dai primi momenti passati dai nostri antenati sulla terraferma, noi esseri umani abbiamo affrontato un cambiamento ciclico e costante, che ci ha accompagnato attraverso tante fasi della nostra esistenza: sin dai tempi del nostro “quadrisavolo” genetico, il cacciatore-raccoglitore, l’uomo non ha fatto altro che adattarsi per qualche millennio (talvolta meno, talvolta di più) ad una sua nuova condizione evolutiva. Persino l’homo sapiens è giunto al termine per lasciare spazio al suo figlioccio “doppio-sapiens”, ma c’è qualcosa nel vivere questi periodi anziché studiarli sui libri di storia che ci spaventa, al punto da rifiutarci di progredire in quanto specie.
Quello che si cela dietro le affermazioni sulle righe di “l’IA ruberà la cretività umana, rubera il lavoro a mezza umanità ed oltre, controllerà questo e quello” è pura e semplicissima paura. Una paura giustificata, sia chiaro, ma pur sempre una paura paralizzante che non vuole scendere a compromessi. Si cerca di inseguire una concezione romanticizzata del passato in cui “tutti avevano lavoro e modo di sostenere spese e famiglia” mentre al contempo si sputa sul fatto che queste famiglie e queste spese fossero delimitate da ben specifici paletti socioculturali che ad oggi nessun vuole più. Si cerca disperatamente un equilibro utopistico che però non trova riflessi concreti nella società attuale, in cui siamo già “costretti” ad avere a che fare con macchine automatizzate senza saperlo.
Un fulgido esempio di questi rapporti forzati con le “temibili” IA lo troviamo appunto nella ricerca di lavoro: a meno che non stiamo impiegando metodi completamente analogici (tipo presentarci fisicamente in un’attività a chiedere lavoro), i nostri dati e le nostre skills sono sotto la lente degli ATS, che si occupano di scremare curricula per conto delle grandi aziende che ricevono una mole elevatissima di candidature. Gli ATS, fallaci e ancora imperfetti, seguono gli ordini fallaci e imperfetti di users fallaci e imperfetti, ed è così che una macchina ci seleziona per un possibile lavoro, ma noi non lo sappiamo e ci lamentiamo di implementazioni utilissime che “fanno perdere il lavoro agli umani”. Durante la Rivoluzione Industriale, l’intero mercato del lavoro cambiò in maniera così drastica che il suo impatto arrivò persino a svuotare le campagne, in quanto quasi ogni lavoratore decise di trasferirsi in città, per imparare ad utilizzare i nuovi e rivoluzionari macchinari che avrebbero sostituito le filiere manuali. Nonostante i primi anni di assestamento, in cui lavoratori e datori di lavoro faticarono ad imparare ad adattarsi alla nuova realtà professionale, il lavoro in fabbrica diede vita ai primi sindacati del lavoro, alle prime multinazionali e ai primi casi di riorganizzazione lavorativa di massa. Raccontare quel periodo come se fosse stato un roseo e dolce cambiamento sarebbe una bugia bella e buona, ma parlarne come un disastroso evento che rovinò le vite di tutti è altrettanto distante dalla realtà
La razza umana è in una costante fase di riadattamento e rinnovamento personali, anche quand’anche l’individuo si trovi solo sospinto da queste onde di cambiamento, ne sarà comunque parte integrante.
Ciò che si può e si deve fare, però, è tenere sempre umanità e benessere trasversale al primo posto. Non sarà certo un macchinario in grado di semplificarci la vita a rubarci il lavoro, saranno piuttosto gli scrematori di Curricula artificiali, i grandi raccoglitori di dati a disposizione dei governi, il totale disinteresse etico da parte di alcune corporazioni. L’IA, che talvolta si trova ad indossare le vesti di serva inconsapevole di questi organi con tale presa su intere popolazioni, è potenzialmente devastante, ma non è il nemico né la rovina dell’umanità.
Regolamentiamo l’utilizzo delle IA nel definirci adatti o meno adatti a qualcosa, continuiamo però a fare del raziocinio umanizzato il nostro cavallo di battaglia, ricordiamo che è tutto nelle nostre mani e che niente ci piomberà sulle teste senza che noi lo posizioniamo esattamente dove non vorremmo.


In Conclusione
La soluzione va ricercata quindi in un equilibrio e nel virtuosismo, che se ignorati andrebbero imposti; basti pensare alle prime forme di legiferazione che si sta costruendo intorno alle IA, con l’aiuto di esperti del settore e di sociologi e filosofi che cercano di mantenere un occhio sul concreto, un altro sul metafisico, cosicché gli esperti del settore possano tenere entrambi puntati sulle direzioni da intraprendere. Quello che si può definire un pièce de résistance da parte di noi comuni mortali potrebbe essere il boicottaggio tacito di questi sistemi che avvalorano ATS e IA programmate per scopi non proprio meravigliosi, specifico e direzionato, senza correre il rischio di “rifiutarci di evolverci” rinnegando il futuro per intero.
Come sempre: Buon lavoro .