Se un giorno si dovesse aprire un “museo della storia del lavoro“, sicuramente si annovereranno tra le esposizioni diverse forme di C.V. e lettere di presentazione. Mentre il semplice C.V. sarebbe già ben assestato come pezzo da museo, la lettera di presentazione merita un maggior grado di accortezza e discernimento. Anticipavano i curricula, cadevano in disuso fino a vent’ anni fa ed oggi ritornano in voga con fattezze un po’ più aggiornate. Scopriamo quali.

Un atto di fiducia

In passato, scrivere una lettera di presentazione ad un’azienda stava a significare grande interesse per quella realtà lavorativa, in quanto la selezione del personale avveniva in maniera assai più spontanea e fluida rispetto al giorno d’oggi: bastavano un candidato in cerca di un lavoro e un’azienda in cerca di un candidato, una breve chiacchierata (a volte anche molto informale) e si era dentro o fuori. Questo sicuramente derivava da due fattori importantissimi: in primis, non esistevano strumentazioni che richiedevano particolare conoscenza tecnica, né certificazioni che attestassero tali competenze; un operaio tornitore poteva diventarlo pur non avendo mai visto un tornio in vita sua, un venditore sapeva che i prodotti che andava a sponsorizzare erano a portata di popolo e molto auto-esplicativi, i tecnici delle ferrovie imparavano passando di ruolo in ruolo, dedicandosi a singole parti della mansione di volta in volta. Potrei fornire una serie di esempi aggiuntivi, ma il succo del discorso resta il fatto che vigesse una netta contrapposizione con la realtà odierna, in cui l’apprendimento di un linguaggio di programmazione, l’utilizzo di Machine Learning, l’utilizzo dei D.P.I. in industria vanno appresi prima di entrare in contatto con le aziende e avvalorati da un documento attestante

Torniamo però alle lettere di presentazione: in passato erano appunto un atto di fiducia, o di dedizione a quella particolare azienda, nelle lettere, i candidati dimostravano uno spiccato interesse per quella mansione specifica, oltre che le non tanto diffuse proprietà di scrittura e linguaggio. La lettera non aveva dogmi né regolamenti, era una “semplice lettera” che paradossalmente è sempre stata più efficace dei sintetici e schematici C.V., dato che per redigerne uno era (ed è) sufficiente conoscere le regole generali su cosa vada inserito e cosa vada omesso, amalgamarsi ai formati preferiti e spararli come fiches in ogni luogo di lavoro.

Ecco perché i C.V. oggi vengono filtrati in maniera automatizzata e vengono messi al centro di migliaia di guide e know-how delle risorse umane: perché non funzionano. Si cerca di tenere viva questa forma di comformismo che di base non avvalora nessuna candidatura, spesso si arriva al colloquio e si ricevono domande che trovavano risposta nel C.V., dimostrazione che questo piccolo  pezzo di carta identificativo porta pochissimi, talvolta nessun vantaggio al pre-colloquio lavorativo, mentre le lettere di presentazione che risultano essere “meno regolamentate” e più facoltative, vengono prese in esame in quanto dimostrerebbero un  maggior interesse da parte del candidato.

In Conclusione

Noi di Camelot abbiamo deciso di lasciare il C.V. ai musei del futuro e abbiamo preso la lettera di presentazione, l’abbiamo plasmata e resa ancora più diretta e significativa, semplificandone al contempo la stesura e l’espressività. Abbiamo chiamato questa “lettera” P.O.P. (Professional Overwiev Page) in quanto il tempo e la semplicità con cui si realizza risulta pari ad uno schiocco di dita, Pop!

Come sempre: Buon lavoro .