La formazione continua è uno degli aspetti più importanti del lavoro soddisfacente. Questa premessa è la chiave di Volta che ci consente di mantenere i nostri obiettivi uniti e incentrati verso un risultato unico e definito, ed è anche il punto di ancoraggio sul quale marciamo per avvicinare all’impatto sociale anche i più disinteressati: comprendiamo che, nonostante l’idea di un mondo del lavoro che funzioni per tutti sia un obiettivo per cui valga la pena combattere, nonostante questo obiettivo sia corredato di benefici individuali e collettivi, qualcuno potrebbe tutt’ora faticare ad abbracciarlo, non per egoismo né per cattiveria, ma per inconsapevolezza; parlando della nostra vision e di come vogliamo attuarla, ci troviamo spesso di fronte all’ostacolo chiamato “incredulità” o “disillusione”, e prontamente ci mettiamo a disposizione per dimostrare attraverso parole e linee d’azione quanto questo obiettivo risulti semplice se accompagnato da un grado di formazione personale continua. A seguire spiegheremo nel dettaglio cosa può fare per noi e per gli altri una forte consapevolezza formativa.

Sapere è potere

Con questo “antico” proverbio Klingon, riassumiamo ciò che sto per illustrare passo passo: una persona che vuole trovare lavoro, spesso non cerca una mansione specifica, un po’ perché abbiamo tutti bisogno di lavorare per vivere e alcuni contesti ci impediscono di guardarci propriamente intorno, un po’ perché a volte non sappiamo cosa vogliamo davvero, quindi tendiamo ad accontentarci di condizioni di lavoro non soddisfacenti.

Da cosa scaturiscono indecisione e disillusione? Spesso da atteggiamenti di pigrizia indotta o dall’inconsapevolezza. Vien da sé che una persona che sa usare un linguaggio di programmazione a menadito dovrà essere a conoscenza dell’esistenza di posizioni da programmatore (esempio a parte, per molte attività di natura artigianale o riparatoria esistono perlopiù mercati indipendenti, ma non dipendenti) e dovrà poi soddisfare i requisiti per poter esercitare quella professione. Il mondo del lavoro attuale sembra favorire quasi esclusivamente il lavoro dipendente senza tenere aggiornati i lavoratori sui progressi fatti in alcuni campi, che a loro volta hanno dato i natali a vere e proprie nuove professioni. Spesso queste nuove professioni non rientrano nel CCNL (Contratto Collettivo Nazionale Lavoro) ed anche stabilire orari di lavoro, retribuzioni corrette e tipologia di contratto diventa una responsabilità di lavoratore e datore di lavoro che, se accompagnati da un alto grado di formazione personale (che non corrisponde a certificazioni o lauree, ma alla costanza nell’aggiornarsi su quel mondo)  riusciranno a garantire che quella nuova collaborazione benefici entrambi in egual misura.

Questo piccolo esempio è indice di progresso ed orientamento finalizzati alla soddisfazione lavorativa. Più persone si tengono a conoscenza dell’evoluzione del mercato del lavoro, maggiore sarà il grado di competenza con cui ci si potrà destreggiare tra i vari contratti di lavoro, tassazioni, partite IVA e tutti i cavilli del caso.

Maggiore conoscenza si traduce anche in una sorta di “inconsapevole ottimismo” che lascerà in disparte la disillusione e ci permetterà di concentrarci sul problem-solving. 

 

 

In Conclusione

Il problema spesso scaturisce dall’impossibilità di concentrarsi sui nostri problemi, in quanto ci sono già troppi “problemi di tutti” e inconsapevolmente, queste due diverse nature di problematiche, impedimenti ed affini diventano un unico grande paraocchi che ci impantana in sabbie mobili che in realtà non esistono. 

Con questo ovviamente va tenuto presente che ci sono problemi che non possono essere risolti dal singolo individuo o collettivo, ma che richiedono una nuova impronmta mentale ed un approccio al lavoro che ad oggi non riesce a trovare coesione. 

Come sempre: buon lavoro.