Chi dice che gli italiani non hanno voglia di lavorare?

Nonostante sia un luogo comune abbastanza (tristemente) diffuso , le ultime analisi smentiscono le malelingue che ci dipingono come gente che non lavora né ne ha voglia (le malelingue siamo noi, chiaramente). Risulta infatti che, laddove il resto d’ Europa supera molto meno le 49 ore settimanali, l’Italia, quinta in classifica per stachanovismo, lavora oltre-orario più spesso a settimana. Il passaggio successivo di questo articolo consiste nel concretizzare questi dati e provare a fornire punti di vista. Iniziamo.

Non è tutto “Stachanov” quel che “lavora”

Verrà un po’ difficile (causa malelilngue) immaginare una persona tipicamente italiana che si prodighi per amore del lavoro ad accumulare ore e straordinari come passatempo. Siamo tra i paesi in cui l’attrattività lavorativa è ai minimi storici e tra i livelli più bassi del continente, siamo tra i pochissimi che ancora non vogliono sentir parlare di salario minimo, ed infine siamo tra gli “eurodotati” con il potere d’acquisto tra i più bassi dell’UE. Tutti questi fenomeni possono erroneamente indurre a pensare che gli italiani siano quindi costretti a lavorare di più degli altri per poter guadagnare lo stesso (che già sarebbe un dato preoccupante), quando in realtà la situazione è ben peggiore: i numeri pubblicati da Eurostat trovano poca applicabilità pratica in quanto ci si è basati quasi esclusivamente sul monte ore di straordinario dichiarate dai lavoratori di ciascun paese; in Italia abbiamo un rapporto difficile con gli straordinari (rendendo sempre grazie al nostro sistema di tassazione professionale che invalida metaforicamente il senso dello straordinario, aumentando la tassazione per lavoratore ed imprenditore alle stelle e mascherandola da tutela dei diritti del lavoro, n.d.a.). Il focus di questi numeri inoltre tende a fare distinzioni che invalidano la raison d’étre dietro la ricerca: l’uguaglianza. Una ricerca atta a sottolineare come gli straordinari impattino diversamente le vite lavorative e finanziarie dei lavoratori d’Europa riesce perlopiù a rimarcare questioni relative al gender gap e al mismatch lavorativo. 

Per spiegare il tutto in maniera più pratica, porterò alcuni esempi:

Nella ricerca Eurostat, i dati che emergono sono i seguenti:

  • L’ Italia si piazza al quinto posto per il numero di lavoratori che superano il monte delle 49 ore di lavoro settimanale: oltre il 9,4% 
  • Di questo 9,4%, se ne considera il 23,9% di lavoratori autonomi che “più lavorano, più guadagnano”
  • Le due aree mansionistiche più stachanoviste d’Italia sono i manager (40,5% di essi superano il monte ore standard) e gli operatori venatori, pescatori e della silvicoltura (36,3%)
  • Gli uomini risultano essere i più stachanovisti 12,9% della classifica rispetto al 5,1% femminile

dati che possono facilmente essere contestabili in quanto non tengono conto di una serie troppo elevata di fattori che andremo a riassumere nelle conclusioni.

 

 

In Conclusione

In primis, risulta parziale un calcolo dello stachanovismo tra generi in quanto bisogna tener conto del gender gap precedente che si attesta tutt’ora all’8,7% per quel che riguarda la remunerazione e al 18% per quanto riguarda l‘impiego. Bisogna tener conto del fatto che spesso in Italia vi sono sfortunatamente politiche che svantaggiano lo straordinario legalmente dichiarato e che spingono una piccola fetta di imprenditori e lavoratori a decidere di tenere lo straordinario come un segreto che viene poi chiarito tra la busta paga e il portafogli, senza considerazioni esterne. L’Italia è ancora distante dagli standard elevati che noi di Camelot e chiunque tenga al lavoro soddisfacente hanno definito, ma al contempo teniamo a mente che questi dati fanno sempre riferimento all’anno precedente, e che, alla luce dei significativi cambiamenti positivi e passi in avanti generali che stiamo compiendo come Nazione di lavoratori, ci saranno sicuramente note molto più dolci nelle ricerche relative al periodo corrente.

Come sempre: buon lavoro.