Si entra nell’era dell’ovvio, e non è un buon segno: modi di fare e di fare lavoro che non rispecchiano il grado di progresso che la società compie quotidianamente, proiezioni in un futuro sempre più vicino ma sempre più distante, con voci fuori dal coro che cercano di puntualizzare i procedimenti da rispettare o di evidenziare determinate situazioni da correggere tempestivamente. Esistono possibilità che la fretta nel raggiungere il miglioramento totale delle nostre condizioni porti con sé una serie di imprevisti e situazioni che si credevano gestibili?

Cattiva consigliera? 

Ogni giorno aumenta l’impegno per il raggiungimento di alcuni “benchmark” o “milestones“, ovvero dei piccoli punti di controllo in cui fare una valutazione generale dell’andamento di tutti i vari progetti presi in causa da UE e privati per garantire un lavoro soddisfacente a tutto tondo, e talvolta i tempi vengono accelerati indipendentemente dai progressi svolti finora. Puntualmente poi si ritorna indietro e si tracciano nuove rette su fogli già consumati e pieni: se dapprima sentiamo qualche esponente di spicco del settore lavorativo che rimarca l’importanza di una direzione da prendere, qualcun altro aspetterà un po’ prima di sottolineare che quella direzione non può essere presa se prima non se ne prende un’altra. E così via e così via, fino a smolecolare la direzione stessa. Per accogliere il lettore nel concreto del tema dell’articolo, portiamo un esempio: se due mesi fa alcuni HR Specialist parlavano dell’importanza del “capitale umano”, ovvero le potenzialità che ciascun individuo possiede nei vari campi lavorativi aldilà dell’esperienza pratica o un percorso accademico attinente alla posizione desiderata, oggi emergono ricerche (iniziate proprio qualche mese fa) che ridefiniscono i vari iter di selezione che non le aziende, ma i responsabili delle risorse umane dovrebbero individualmente intraprendere verso ciascun candidato. 

Se questa ricerca derivasse dal Ministero del Lavoro, si potrebbe pensare che il cambiamento che tanto decantiamo è in atto, che la situazione si sta smuovendo come ha fatto finora (da quando Camelot ha iniziato a far sentire la propria voce in social, aggregatori di notizie, eventi e piattaforme pubbliche, e con ogni candidato che ne volesse sapere di più), mentre sentire l’ennesimo centro di ricerca sul welfare che ripropone quello che ormai reputiamo “la norma” o “i paletti minimi” nella nostra piattaforma acquisisce un sapore dolceamaro: mentre permane il senso di fierezza nel vedere e sentire sempre più prese di posizione in merito, sarebbe ora che i centri di ricerca smettessero di continuare ad impiegare tempo e risorse per tracciare una bozza di mappa, quando ormai si è messo insieme un atlante senza il loro contributo. 

In Camelot, gli obiettivi dell’Agenda ONU 2030 che ci siamo prefissati hanno quasi tutti trovato una soluzione pratica, mentre in ogni caso, hanno tutti una soluzione ideale ben definita. Perché invece, per capire che vanno introdotti i concetti fondamentali di trasparenza, formazione, uguaglianza e soddisfazione, tutte queste voci autorevoli hanno bisogno di continuare a fare ricerche e a pubblicarle l’una a ridosso dell’altra, facendo quasi sembrare che tutto ciò sia una sorta di compito scopiazzato?

 

Le basi sono state gettate, sarebbe ora di iniziare a fare ricerche su come metterle in pratica. 

Questo articolo non vuole sminuire i tentativi da parte delle “voci fuori dal coro” di evidenziare un problema concreto o di tracciare degli step da intraprendere per giungere dove davvero vorremmo arrivare. È perlopiù un tentativo di inquadramento comune dei progressi fatti finora e di quelli che ancora devono avvenire.

Un’alternativa sarebbe quella di condurre ricerche che rechino esempi pratici di trampolini o punti di partenza per giungere laddove serve arrivare. I problemi sono  ormai ben inquadrati: poco turnover generazionale, pochi incentivi verso la formazione, condizioni di lavoro talvolta sbagliatissime, talvolta poco sbagliate, raramente buone. 

In Conclusione

Mentre ogni paio di mesi continuano a venir pubblicate indagini e ricerche che suggeriscono che “le cose dovrebbero andare meglio”, noi continuiamo a renderle concretamente migliori, cercando sempre di valicare ovvietà e difficoltà, cercando sempre di unirci a tutti coloro che hanno a cuore la soddisfazione lavorativa, la soddisfazione personale e la voglia di renderle a portata di tutti. Iniziamo ad agire: candidati che non lo fanno già, iniziate a rifiutare posizioni lavorative ancorate ai fallaci sistemi passatisti; aziende o imprenditori che già non lo fanno, iniziate a selezionare e a ricercare il personale con in mente i due obiettivi fondamentali di trovare una risorsa valida e competente, non una risorsa economica, non una risorsa che soddisfi criteri che non siano strettamente professionali ed orientati al successo personale e della vostra azienda. Più il gap tra “personale” e “vostra azienda” si assottiglierà, più saremo vicini a un  buon lavoro.