A discapito della sconveniente fama che l’Italia ha con il lavoro indipendente, la cosiddetta “gig economy(economia a prestazione) è un fenomeno che sta abbracciando troppi lati del consumismo per poter avere difficoltà nel nostro Paese. Rider, artisti su commissione, addetti al trasporto di persone con ditte terze (Uber) e freelance del mondo IT sono presenti e numerosi, magari godendo di meno cuscinetti socio-economici rispetto ai colleghi di altri Stati, e pian piano ci avviamo verso un’economia sociale che non può e non potrà fare a meno di coinvolgere sempre più freelances. 

Ma come si fa a “diventare” freelancer, o “gig economist”? Ci sono iter burocratici o sindacali da rispettare? Come funziona la tassazione attinente? Si può essere freelancer solo aprendo una partita iva? Esistono comunità fisiche di gig economists in Italia? 

Queste le domande alle quali forniremo informazione e spiegazione nel corso dell’articolo di oggi.

Perché la “Gig Economy”?

Il mondo del freelancing, estremamente ampio e variegato, per quanto non possa essere collocato univocamente in determinati canoni di orario, di ore di lavoro, retribuzione o CCNL, fa riferimento ad alcuni punti cardine che gli addetti ai lavori conoscono e contribuiscono a formare in quanto unica forma di unità professionale al momento disponibile in Italia. Non è difficile scorgere in strada gruppi di rider o autisti indipendenti che, in attesa di una data consegna o di iniziare un turno, si ritrovano in piazze, punti nevralgici di città e cittadine, o addirittura “locali adibiti” come nel caso del bar “casa del rider” aperto a Napoli negli scorsi anni; questi luoghi comuni in cui diverse figure professionali indipendenti si ritrovano permettono anche a chi dedica la propria giornata al solo lavoro di concedersi un momento per staccare la spina restando in area lavorativa, di socializzare con colleghi e accusare di meno la giornata di lavoro. 

Un altro punto cardine che accomuna tutti i freelancer è l’impiego di piattaforme online come fonte di offerte di lavoro: non il classico annuncio né l’offerta di un contratto a lungo termine, si parla di richieste da parte di utenti in cerca di un determinato professionista che “offrono” la loro necessità al più determinato a farne profitto.

Una piattaforma molto utilizzata è proprio Freelancer, app mobile che riunisce gig economists e persone alla ricerca di questi ultimi, viene pubblicato un annuncio con indicati gli estremi di elasticità (una fascia di spesa che l’utente in cerca è disposto a fare, una durata orientativa del servizio ed eventuali scadenze) in un breve messaggio che descrive la tipologia di professionista che si ricerca ed il motivo della sua necessità. Fiverr è un altro esempio di app per freelancers, tra le più note al mondo e con un grado di tutela di utenti e professionisti molto alto. Insomma, avviare una vera e propria carriera da freelancer non è poca cosa: bisogna investire molto tempo per monetizzare il proprio talento o la skill che si vuole mettere a disposizione (preferibilmete certificata), decidere se lavorare da casa o avere un ufficio in cui svolgere il proprio lavoro, avere inoltre una buona conoscenza del valore economico che genericamente si attribuisce a quel tipo di prestazione così da garantirsi un buon numero di offerte senza rischiare di svalutare il proprio operato; ultimo ma non ultimo requisito per fare il freelancer (e farlo bene): acquisire confidenza con alcuni aspetti della tassazione. Mentre alcune piattaforme per freelancers “fanno tutto da sole” o si occupano di questi aspetti grazie a “distaccamenti centrali” (vedi Uber, Deliveroo etc..), altri settori potrebbero essere più ostici da interpretare in termini di tassazioni, è sempre consigliabile quindi rivolgersi a un commercialista o consulente finanziario nel momento esatto in cui la propria attività da gig economist inizierà a dare i suoi frutti.

In Conclusione

Com’è insito nel termine, i Freelances sono molto liberi, sono i propri capi che possono scegliere quanto e quando lavorare in base alle proprie preferenze o necessità. Questa libertà però arriva al costo di una grande padronanza non solo del proprio tempo, ma anche delle proprie finanze e del proprio orientamento professionale, oltre che da alcuni fattori che esistono anche nel mondo del lavoro dipendente (un rider che consegna cibo non potrà scegliere di non  lavorare in orario di pasti, in quanto perderebbe il 90% del proprio lavoro). Ovviamente, “nessuno nasce imparato” e, nonostante l’Italia si dimostri un po’ restìa a perorare la causa della gig economy, a promuoverne la formazione o informazione e alla tutela fiscale dei suoi rappresentanti, è tutt’ora possibilissimo costruirsi una propria carriera indipendente senza correre rischi economici né dover fare rinunce estreme in fase di passaggio dal lavoro tradizionale. Raccomandiamo a ciascuno dei nostri candidati con intenzione di mettersi in proprio di considerare la possibilità di lavorare con altri colleghi in strutture aziendali adibite ai freelancer note come coworking, e soprattutto, di consultare esperti del lavoro o delle finanze per potersi garantire sicurezza e trasparenza burocratica nel Dream Job che sta inseguendo.

come sempre: buon lavoro.