Un nuovo sciopero dei trasporti pubblici sta facendo sentire la sua incidenza su tutto il territorio nazionale. Le motivazioni sono principalmente due: condizioni salariali e lavorative inaccettabili e progressivo aumento della privatizzazione del settore dei trasporti (e dalla forte competizione che genera con il corrispettivo reparto pubblico). Sciopero che viene accolto con un diffuso malcontento di alcune figure politiche e di una discreta porzione di popolazione civile, che inizia inoltre a far passare il messaggio in maniera meno marcata rispetto alle precedenti proteste di fine Novembre 2023. Nell’articolo di oggi, si cercherà di fare chiarezza e di ripercorrere i momenti salienti di questo diritto pubblico e sacrosanto.

Gli scioperi nella Storia

I primi casi documentati di sciopero risalgono al 1150 a.C., periodo in cui una grande squadra di lavoratori egizi decise di incrociare le braccia ed interrompere la costruzione dei luoghi di culto nella città di Tebe (oggi territorio greco), a causa di un ritardo nella distribuzione dei salari spettanti a ciascun operaio. Il primo sciopero ebbe successo e da allora vi fu un inspessimento dei rapporti tra rappresentanti del lavoro e amministrazione cittadina, che decisero di cercare il costante dialogo come soluzione alle eventuali crisi o disguidi futuri.

Nel corso della Storia, molti scioperi hanno segnato cambiamenti importantissimi per plasmare il lavoro come lo conosciamo oggi.

Il concetto di sciopero che ancora viene utilizzato ai giorni nostri nasce nel 1768, con la decisione da parte della Journeymen Tailors Unit (coalizione lavorativa di sarti stanziati ed itineranti)  di non fornire più i propri servizi a funzionari governativi a causa della riduzione dello stipendio annuo che subirono. 

Le proteste dei lavoratori più incisive della storia risalgono ai periodi in cui non era legalmente consentito, ad esempio lo Sciopero di Homestead del 1892, divenuto tristemente noto per il suo epilogo violentissimo derivato dalle lotte tra i manifestanti e forze di polizia privata Pinkerton assunti dai titolari della Carnegie Steel Works Co. . Questo evento ha però portato con sé venti di cambiamento: le unioni dei lavoratori, meglio note come sindacati, hanno trovato riconoscimento ufficiale e autorizzazione alla coalizione.

Anche l‘Italia ha avuto un numero importante di proteste che hanno gettato le fondamenta per gli scioperi autorizzati (regolamentati poi dalla legge sulle Manifestazioni Organizzate del 1990). Un esempio di spessore è identificabile nelle molteplici proteste che hanno avuto luogo dal 1900 (sciopero di Genova contro il governo Saracco) al 1914, anno delle sanguinosa Settimana Rossa, in cui tre operai vennero assassinati dalle forze di polizia giolittiane. Bisognerà attendere rispettivamente il 1961 per l’Europa ed il 1967 per le Americhe prima che il diritto allo sciopero venga ufficialmente riconosciuto come inalienabile e presente in ogni luogo di lavoro. 

Gli odierni scioperi originano da sacrifici e compromessi ottenuti con sangue e sudore nel passato da altri lavoratori; far sentire la propria voce è fondamentale e vivere una vita lavorativa soddisfacente lo è ancor di più.

opere: “Der Streik” di robert Koehler, “Homestead Strike” da Archivio Bettman,U.S.

In Conclusione

Il concetto di “sciopero” si è distanziato periodicamente dal concetto di “protesta” per abbracciare il più delicato atto di “manifestazione autorizzata“, in tempi contemporanei è molto spesso caratterizzato da bagarre tra esponenti di unioni sindacaliste quali UIL, CGIL, CISL etc. e rappresentanti di piccole fazioni composte da un singolo o da un manipolo di politici (spesso dello stesso partito) per generare attenzione mediatica. Mentre il diritto a scioperare è stato una conquista irremovibile, la natura stessa degli scioperi è mutata nel corso dei secoli ed ora sta gradualmente perdendo la sua imponenza, soprattutto a causa del sentimento di rivalsa che si è affievolito con le mancate risoluzioni alle richieste presentate dai sindacati. 

Un cambiamento importante si troverebbe inevitabilmente nel raggiungimento di una soddisfazione lavorativa totale, che non intaccherebbe il diritto ad esprimere il proprio dissenso in maniera civile, ma molto probabilmente renderebbe superfluo l’atto, in quanto aziende e candidati che non hanno a cuore il benessere reciproco non troverebbero lo spazio necessario a creare situazioni di scompenso verso l’una o l’altra direzione.

Come sempre: buon lavoro.