Come ogni Giovedì, anche oggi è il momento di approfondire un po’ dei concetti che proponiamo attraverso il nostro gruppo su LinkedIn (al quale vi consigliamo di iscrivervi, per avere una possibilità più diretta di confrontarci e per avere un piccolo assaggio della tematica che approfondiamo in questo blog). Come avrete intuito, il tema del mese è uno dei 5 obiettivi dell’Agenda ONU per il 2030 che condividiamo, ovvero la Formazione di Qualità (Objective 4). Nel nostro Paese risulta spesso molto difficile trovare percorsi diretti che colleghino ciò per cui abbiamo studiato ai settori in cui vorremmo lavorare. Pochi sono gli atenei che permettono ai propri laureandi di interfacciarsi con aziende affini ai loro percorsi di studi, ancor meno quelli che istituiscono situazioni orientative ad hoc per dare seguito a ciò che hanno insegnato ai propri iscritti. Oggi vogliamo parlare di tutte quelle persone che, a causa di queste mancanze, si sono trovate costrette a rinunciare ai propri sogni.
Percorso completato. Ed ora?
Toccando questi argomenti, mi sovvengono i ricordi di quando, prima di entrare in Camelot, ero ancora un semplice diplomato in lingue che voleva solo affrontare le scuole “che avessero meno matematica possibile”. Spinti a decidere in terza media quello che sarà il nostro futuro, io e molti coetanei ci trovammo in grande difficoltà: non avevamo mai lavorato, non eravamo mai stati adulti e non sapevamo pensare come tali. Non esisteva un bugiardino con su scritte le regole della competitività aziendale, il funzionamento dei concorsi pubblici o il rapporto tra lo stipendio medio del nostro Dream Job rispetto alla media nazionale.
Noi non sapevamo niente, alcuni di noi volevano ancora diventare calciatori, astronauti o cantanti. Eppure, dal giorno della scelta della scuola superiore ad oggi e per sempre,la nostra formazione è sempre stata il cardine di ciò che saremmo diventati. Certo, ancora oggi ci sono molti di noi che vogliono diventare presidenti o astronauti, ma oggi il sogno si appesantisce: non sentiamo più quelle massime candide sulle righe di “studia molto e vedrai che riuscirai”, ma ci stiamo abituando a scartare i sogni che presumono disponibiltà economiche ingenti, certificazioni fuori dalla nostra protata e conoscenze personali sempre più di spessore.
Alla luce di questi ricordi, mi viene da pensare a quanti Parmitano abbiamo rinunciato, a quanti Fermi e a quanti Wozniak siano state tarpate le ali, a quanti Pavarotti che non sentiremo mai.
Un pensiero avvilente, comprendo, ma un pensiero reale. Sono pochissimi gli Highlanders che hanno scavalcato ogni muro (basti pensare a Leonardo del Vecchio, fondatore di Luxottica, o al più conosciuto Roberto Benigni, interprete e performer). Le loro storie sono ricche di ispirazioni e fonte di motivazione per coloro che digrignano i denti e percorrono la strada più tortuosa per il successo, sia esso economico o personale. Persino noi di Camelot cerchiamo forza e coraggio in queste esperienze di vita, sperando un giorno di permettere a tutti coloro che lottano di non doverlo più fare.

In Conclusione
Non volendo fare di tutta l’erba un fascio, la morale di queste riflessioni non va collocata nel dover “evitare gli sforzi”, soprattutto quando si sceglie di seguire sogni che vivono di competizione; ma nell’inquadrare le persone e i relativi percorsi. Il monito di oggi è: non dovrebbe essere normale vedere i propri sogni crollare per situazioni sulle quali non abbiamo controllo. Non dovrebbe essere normale un mindset alla “canis canem edit” per poter eccellere, soprattutto se questa prassi nasce e cresce nelle scuole, nelle università e nei percorsi formativi professionali. Sarebbe opportuno piuttosto, leggere e sentire sempre più storie di persone che, grazie alla scuola e alla voglia di crescere, sono state premiate ed hanno avuto accesso quantomeno alle basi dei propri desideri senza muri fatti di distanza e silenzio tra il mondo della formazione e il mondo del lavoro.
Come sempre: Buon lavoro .