Nonostante sia servito un martellamento incessante da parte di Camelot e degli esperti che hanno conosciuto il nostro modello di selezione e offerta lavoro, finalmente si inizia a leggere un po’ più spesso che molte aziende stnno man mano allontanandosi dai classici C.V.. Inoltre, anche i candidati stessi stanno man mano preferendo strade diverse per mettersi in contatto con le realtà lavorative di loro interesse. Il motivo principale è quello che ormai facciamo presente da molto tempo: i C.V. stanno man mano diventando del tutto obsoleti.

Social, online ed altre soluzioni

Si sa, l’avvento di Linkedin e altre piattaforme per la ricerca di lavoro online ha cambiato le carte in tavola: mentre prima si redigeva un C.V. per cercare di soddisfare i requisiti di una data azienda, oggi c’è la possibilità di crearsi un vero e proprio profilo social su una piattaforma predominata da professionisti e manager, in cui si può parlare di sé e delle proprie opinioni lavorative in modo tale da farsi conoscere dal panorama lavorativo italiano e non. “Ed è proprio qui che casca l’asino“.

Un social pensato per persone alla ricerca di importanti connessioni professionali, pronte a “professionalizzare” anche una lezione di spinning in prova gratuita, distolgono la problematica dall’aspetto “depersonalizzante” del C.V. e la spostano sulla competitività tossica che caratterizza molti di questi profili: un costqante bisogno di dimostrare esperienza, capacità e cultura anche laddove l’argomento del giorno sia un’area di competenza sconosciuta ai più. Ricordo un’affermazione di un grande professore di Machine Learning dal quale ho avuto il privilegio di apprendere: “spesso si presume che i social più tradizionali come Instagram o TikTok instillino problemi di autostima nelle persone, ma questo avviene perché non tutti hanno passato qualche ora su Linkedin.” 

Tornando all’argomento C.V., stando alle ammissioni delle multinazionali stesse che si occupano di recruiting, il tempo medio di consultazione di un curriculum è pari ad 8 secondi ciascuno, e le richieste di lavoro giornaliere che vengono esaminate oscillano tra le 250 e le 300. Un vortice di occhiate rapide a documenti redatti con cura (tralvolta anche spese) e dedizione per cambiare il futuro di pochissime persone su centinaia. L’alternativa è quella di automatizzare l’intero procedimento e affidarsi alla fallacia degli A.T.S. (Applicant Tracking Systems) che spesso escludono candidati perfetti per un formato di C.V. non riconosciuto. 

In Conclusione

Il lavoro è una cosa seria e come tale andrebbe approcciato, senza fare della propria esperienza uno showcase spicciolo né affidarsi ad un sistema meccanizzato che rischia di creare più problemi di quanti non ne risolva. Ad oggi, la soluzione a questi problemi, l’unica che riteniamo valida e  “umanamente conscia” si chiama P.O.P. ed è il sistema con cui si redige il proprio profilo sulla nostra piattafroma, non per farne sfoggio né per buttar giù una lista senz’anima, ma per cogliere ciò che conta da ambo le parti (candidati e aziende) e per portare a colloquio il maggirìor numero di candidati adatti possibili, senza spese folli né catene di montaggio industriali.

Come sempre: Buon lavoro .