Novità emerse a seguito della morte dell’operaio agricolo Satnam Singh, la cui triste storia è stata trattata in un articolo precedente. Secondo le ricerche e i collegamenti effettuati dagli enti di dovere, ci sono due fattori non considerati in precedenza che molto probabilmente non sono emersi subito a causa della situazione che purtroppo non si limita alla singola azienda in cui operava Singh- né si ripercuotono solo sui braccianti agricoli. Sembra infatti che Renzo Lovato, (padre di Antonello, attualmente indagato per omissione di soccorso ed omicidio colposo ai danni di Satnam Singh) sia noto alle forze dell’ordine per atti di caporalato sin dal 2019, ragion per cui risultava essere già indagato. A seguire, i dettagli de “l’orto degli orrori” che comandavano i Lovato.
Abusi, intossicazioni e “parìa-Kapò”
La storia di Satnam Singh è stata forse la chiave che ha aperto le porte della realtà agricola littoriana, ma è solo (si spera) l’ultimo di una serie di tremendi abusi compiuti da veri e propri “parìa-kapò” che venivano assunti da stralci di essere umano come i Lovato per fare il lavoro sporco per loro: quest’ultimo consisteva nel radunare le proprie comunità (es. la comunità Sikh di Satnam), attraverso agevolazioni sull’ingresso illegale in Italia o l’unzione dei dovuti fili per far giungere in quei campi persone prive di qualsivoglia alternativa che non fosse l’accettazione tacita di uno sfruttamento disumano, nella speranza di potersi poi, un domani, permettere una vita decente.
I compiti di questi caporali si “limitavano” a rimediare la carne da macello per i titolari, che poi, con le dovute “unzioni“, si assicuravano che gli organi competenti stessero alla larga dagli angoli più oscuri delle tenute.
Dozzine di testimoni diretti (operai di varie aziende latinesi) si sono fatti avanti per raccontare alle emittenti televisive ed informative delle vicissitudini che hanno subìto, chiedendo che la loro voce venisse camuffata ed i loro volti oscurati, tanto è il terrore che è stato loro inculcato da titolari che, nonostante al momento si trovino sotto la lente della giustizia, non fanno sentire questi operai più al sicuro.
Una serie di testimonianze raccapriccianti che parlano di turni di almeno 14 ore scanditi da urla, minacce e abusi, senza accesso a pause pranzo, utilizzo dei sanitari, o persino un sorso d’acqua; i caporali, la loro stessa gente, che li chiudeva in serra per ore, senza permettere loro di uscire prima che il lavoro fosse concluso, con l’ossigeno che diventava sempre più rarefatto come nelle grandi altezze a causa dell’asfissiante temperatura alla quale le serre devono essere tenute. Ancora, la raccolta dei kiwi che doveva avvenire in tempi ancor più stretti degli altri prodotti terrieri (in quanto di più facile deperimento), che diventava una gara di sopravvivenza per quegli uomini e quelle donne che venivano insaccati in impermeabili, guanti e stivali e lasciati a passare nottate chinati a raccogliere i kiwi dal fango adiposo.
“Non posso raccontarvi altro, perché da quegli eventi capirebbero chi sono” è la frase con cui alcuni intervistati hanno chiuso il collegamento. Un’intera comunità relegata in capannoni che non tengono il caldo, il freddo né la pioggia lontani, un’intera comunità di persone che non poteva fare altro che chinare il capo, perché sapeva benissimo che nessuno al di fuori di quei campi di sfruttamento, sarebbe stato disposto, capace o perfino interessato ad aiutare. Il risultato di una politica contradditoria, razzista e classista che mette nelle mani di queste bestie mascherate da persone non il diritto, ma la possibilità di trattare centinaia di esseri umani come carta straccia: sostituibili, senza valore e senza diritti.
La ciliegina avvelenata su questa torta di sterco è solo un’ennesima forma di abuso che viene sistematicamente adottata dai titolari più “incentrati sulla produttività“: una droga distribuita agli operai sotto forma di compressa, dagli effetti molto simili agli anabolizzanti militari che venivano forniti ai soldati prima delle convenzioni più basilari sulla tutela di questi ultimi; il caporale aveva la droga, la distribuiva agli operai per impedir loro di avvertire le escursioni termiche, i segni del dolore e della fatica, la voglia di fermarsi e desiderare un bicchier d’acqua, la paura di morire. Prendere quella droga equivaleva ad un’ulteriore forma di schiavitù, questa volta verso la dipendenza, ma permetteva ai braccianti di sentirsi paradossalmente più umani, più considerati perfino.

Sopra, Renzo Lovato, padre del titolare indagato per la morte di Singh, a sua volta segnalato ed indagato per caporalato dal 2019 (foto certificate di Antonello Lovato non risultano al momento disponibili)
La grafica presente a seguire è opera di “militanzagrafica” e deriva dal loro sito web

In Conclusione
Un sistema di caporalato che nulla invidia ai racket mafiosi relativi al traffico umano. Una prassi talmente disgustosa che vergognosamente è stata comodamente nascosta sotto al tappeto per anni, forse decenni, e che ha richiesto una morte atroce sotto gli occhi di tutti, una violazione dei diritti umani così rumorosa che nessun paio di orecchie tappate poteva ignorare. E noi siamo qui a ricordarlo, ad imprimere nella memoria di tutti il fatto che Satnam Singh non poteva sognare una vita normale, non era suo diritto; Satnam Singh poteva solo scegliere come morire: tra qualche anno, consunto dalle droghe forzate e dal lavoro non tutelato (per usare una litote) mentre intorno a lui, i colleghi si alzavano per iniziare un’altra calda giornata all’inferno, o dilaniato da un macchinario, al quale probabilmente non si è “avvicinato di sua iniziativa” (come afferma Renzo Lovato) ma al quale è stato sacrificato in quanto pezzo di carne da macello, probabilmente a causa di un malfunzionamento che Renzo e Antonello Lovato reputavano troppo pericoloso per poter essere investigato di persona.
Che i nomi di questi schiavisti vengano infangati per sempre, che i loro proventi colino a picco e che la giustizia si abbatta come una maledizione su tutti coloro che hanno, in passato o ad oggi, distrutto delle vite umane usando il lavoro come arma, inclusi coloro che hanno aspettato che Singh venisse gettato in strada senza un braccio, in fin di vita, per iniziare a prendere la faccenda sul serio. (ndc)
Come sempre: Buon lavoro .