È noto a tutti quanto sia difficile organizzarsi ed organizzare il tempo di cui si dispone, indipendentemente dalla mole di impegni che ciascuno di noi vive quotidianamente. È talmente noto a tutti che da una trentina d’anni a questa parte, il time management è diventato un vero e proprio argomento di studio, con esperti di ogni sorta e settore che nel tempo hanno provato a fornire la loro soluzione alla procrastinazione, alla prioritizzazione sbagliata e alla sindrome da burnout. Basti pensare alla celebre Matrice di Eisenhower (per chi non la conoscesse, ne parleremo in maniera più approfondita nel fulcro dell’articolo) fino ad arrivare ai moderni esperti come Stephen Covey e John Doerr. Il “problema” è che, nel tracciare queste massime per ottimizzare le ore di lavoro e per decidere rapidamente cosa conta adesso e cosa va affrontato domani, non si è tenuto conto del fattore iperproduttività (giustamente, perché non lo si conosceva) che ha portato i divulgatori recenti a cambiare approccio. Dettagli a seguire.

Niente “mappazzoni”, tutta serenità

Se ai tempi di “Pensa e arricchisci te stesso” (Napoleon Hill,1937) si teneva conto soprattutto di modalità di pensiero e lavoro utili per poter fare il meglio possibile del tempo speso al lavoro, oggi questi concetti sono diventati talmente fondamentali che si esce dall’ufficio e si va ad organizzare il tempo fuori da esso: le guide di time management e di pensiero ottimizzato moderne non ci spiegano più come riuscire a tenere l’attenzione a 100 per tutta la giornata di lavoro, non ci consigliano di mantenere fissi gli obiettivi lavorativi nella mente anche prima di coricarsi; questo approccio professionale ha sempre aiutato molto i lavoratori in termini di produttività, ma ha trasformato una paura di non svolgere il proprio lavoro nel migliore dei modi in un’ansia costante di non star dedicando abbastanza energie mentali al lavoro. Nasce così l‘iperproduttività, un fenomeno simile al burnout che però non prevede reazioni del corpo dirompenti o crolli nervosi, al contrario è una sorta di stato di ipervigilanza costante che ci porta a dedicare il 100% di noi stessi (non delle nostre energie, di noi stessi) al lavoro, cosa che in parte potrebbe costituire una significativa spinta in termini di ciò che portiamo a termine, ma che riassume il time management in un’unica legge: non ti curar del resto, ma lavora e passa

Un esempio di questo è stato l’utilizzo improprio dello schema di Eisenhower da parte di molti di questi divulgatori: in sintesi, questo schema illustra attraverso quattro matrici principali un metodo per affrontare le varie attività che ci si parano davanti nel quotidiano: FARE, DECIDERE, DELEGARE, NON FARE; in queste quattro macroaree andremmo poi a collocare le varie attività rispondendo ad un quesito per ciascuno di esse.

Questo ha portato i nuovi avventori del mondo organizzativo a rivalutare schemi e priorità di questa forma di insegnamento con il sopramenzionato Stephen Covey, educatore ed affarista americano che, nel 1994 ha rivoluzionato il mondo della gestione del tempo con la pubblicazione del suo libro “First Things First” (prima le prime cose), in cui senza l’utilizzo di schemi rivisitati ma solo attraverso l’adozione di 7 regole da lui coniate che inseriremo qui consci del fatto che non possono essere approfondite in quanto sarebbe necessario lo spazio dell’intero libro:

  1. La prospettiva della Bussola e l’Orologio
  2. La Matrice del Time Management
  3. I Quadranti
  4. I Princìpi
  5. Interdipendenza
  6. Coordinazione
  7. Dire “No”

Da questo rivoluzionario approccio, è nata poi la precorritrice filosofica del lavoro soddisfacente: ciò che importa non è solo la mole di lavoro o il tempo che si concede a sé stessi, è questo ed altro ma al contempo non è niente di ciò. Fare della propria vita, del proprio pensiero e delle proprie riflessioni un mantra che ci accompagna nel corso dei tempi, che ci permette di lavorare bene perché pensiamo bene, e di pensare bene perché viviamo bene, un circolo virtuoso di modi di fare e riflettere che si basano su un singolo concetto fondamentale: qualunque parte della vita sia accompagnata da desiderio e sia al contempo costruttiva va perseguita, anche qualora sembrasse una perdita di tempo agli occhi altrui. Provare e sperimentare sono il lusso di chi conosce e assoda, senza la presunzione di saper tutto, ma con il costante proiettarsi oltre di chi finora si è trovato bene lungo il proprio percorso. 

Con l’evolversi (e il complicarsi) dei nostri modi di fare lavoro e società, dovranno necessariamente evolversi anche i luminari del fare e i loro insegnamenti. 

 

 

In Conclusione

Se persino il nostro tempo ed il modo di amministrarlo sono cambiati radicalmente negli ultimi decenni, è importantissimo tenere a mente che molti degli assiomi passati non fanno più riferimento alla società contemporanea e vanno comunque adattati ai contesti cbhe ci circondano quotidianamente. Il fulcro del Time management attuale è un filosofico scegliere il meglio per noi, e talvolta alcuni di questi libri e guide sapranno gettare le fondamenta per consentirci di imparare a “pensare bene” ed imparare ad organizzarci, senza la presunzione di accomunare il mondo e il mondo del lavoro in pochi assolutismi.

Consigliamo di seguire il proprio percorso o di tracciarsene uno laddove non ne troviamo di viabili, solo così risulterà semplicissimo organizzarsi e destreggiarsi tra burnout, procrastinazione e iperproduttività.

Come sempre: buon lavoro.