In uno dei segnali di incertezza più forti degli ultimi tempi, il settore dei trasporti continua ad accusare le problematiche senza età che lo accompagnano e non fanno altro che cambiare leggermente nome e forma nel corso degli anni. L’ultimo dato che ha destato preoccupazione in questi giorni è stato il fatto che moltissime aziende di trasporti stanno uscendo dal mercato,mentre i conglomerati continuano ad accorpare e rilevare attività lavorative più “deboli”. Diamo un’occhiata ai numeri e alle motivazioni.
Vecchiume e disaccordo i nemici principali
.Basti pensare che nel 2023 sono stati venduti appena più di 70 veicoli elettrici destinati al trasporto (sia esso di persone o di beni), mentre la quasi totalità di questi veicoli di questo tipo è alimentata a gasolio (intanto si continuano ad evolvere gli accordi UE con gli addetti ai trasporti per arrivare ad emissioni 0 entro il 2030).
Mentre l’elettrico continua a sorprendere e talvolta a deludere, la difficoltà sta nell’uniformare la concezione di “trasporto ad emissioni 0” laddove non sembrano esserci possibilità green che soddisfino tutti. Intanto le soluzioni a gas come il metano vengono sorprendentemente lasciate in sospeso. Ora veniamo al lavoro: delle oltre 40mila richieste di lavoro come conducente emesse nello scorso anno, meno del 3% di queste hanno trovato compimento. In tutta Europa “mancano” circa mezzo milione di autisti, metà di questi a causa delle tensioni e indecisioni ai vertici causate dai rimasugli della pandemia e dall’incertezza verso l’ecotrasporto di cui facevamo menzione: oltre che sollevare da significativi consumi ed emissioni inquinanti, una direzione definitiva in questo senso garantirebbe alle aziende la possibilità di impostare il loro parco veicoli, e ai conducenti la certezza relativa al tipo di qualifiche e competenze da ottenere, in quanto i veicoli da trasporto elettrici si guidano differentemente rispetto ai loro corrispettivi più datati.
La soluzione (come spesso accade) sembra trovarsi nell’unione mentale: associazioni e unioni di lavoratori ed imprenditori si stanno adoperando per seguire in contemporanea due direzioni, la cui prima riguarda l’attrattività giovanile (puntando su autisti neo-diplomati o neo-laureati ed incentivandone l’ottenimento della licenza da conducente, attraverso bonus sull’iscrizione o detrazioni affini), che ha garantito una levitazione del 65% delle immatricolazioni rispetto allo scorso quinquennio; la seconda è quella dell’istituzione di organi atti a supportare, studiare e rafforzare le risorse umane che entrano nel settore logistico. Una di queste associazioni è l’Osservatorio Giovani Autotrasporto e Logistica, che ha l’obiettivo di fornire strumenti per investire nei giovani, promuovendo il ricambio generazionale e lo sviluppo di nuove competenze in un ambiente inclusivo e al passo coi tempi.


In Conclusione
Mentre la crisi logistica resta forte in termini di risorse ed organizzazione, il suo reparto di “prima linea” dimostra fortissima determinazione cercando di riorganizzare un intero settore che finora ha dettato legge solo all’interno della personale area di competenza di ciascuna azienda o conglomerato. L’idea messa in campo da giovani e luminari è l’unità di intenti e di opere, soluzione che sembra essere una delle pochissime strade percorribili (se non l’unica) per garantire il risollevarsi di un settore che, per quanto fondamentale, si trova molto frequentemente al centro di lacune di proporzioni enormi, e spesso non riesce a ridurle proprio a causa del principio divisivo che finalmente inizia a dissiparsi.
Come sempre: buon lavoro.