Noi di Camelot sappiamo con esperienza che l’analisi e l’interpretazione dei dati non sono cosa facile, e per quanto siano a disposizione di tutti, non sono alla portata di tutti. Riuscire ad impostare un dato e la sua conseguente statistica è una questione di pratica e dimestichezza: il sito web dell’Istat, ad esempio, permette di impostare più o meno liberamente le statistiche che si vogliono approfondire, ma fallisce nell’integrarle in un ragionamento (ti dà i numeri per quella specifica ricerca, ma un’altra ricerca potrebbe contraddirsi con la precedente perché non si è tenuto conto di un fattore x impostando quella prima). Onde evitare di incastrarci nei tecnicismi, scopriamo cosa ci racconta questa ricerca di cui parliamo oggi.

Inalienabilmente Speranzosi

Una “branca” dell’Istat sulla quale si può aggiungere ben poco è quella guidata da esperti: la ricerca fatta da loro e non da noi comuni mortali sul loro sito web. Dati emessi dall’Istat, accorpati ad altri diffusi da AlmaDiploma e raffinati dalla redazione di una importante testata giornalistica web italiana, finalmente sembrano riscattare la “famigerata Gen Z“: in una delle più impattanti ricerche sul lavoro, finalmente si è riusciti a dimostrare quanto il luogo comune sulla pigrizia che corrompe la mia generazione sia solo un costrutto. Lavoro in proprio, lavoro aziendale e manuale, la Gen Z sta rispondendo bene alla sfida che le è stata riservata, ovvero approcciare ad un contesto lavorativo ai suoi minimi storici sotto molti aspetti, e cercare di trarne apprendimento e promemoria per il futuro prossimo e per quello che verrà. 

Se il fenomeno NEET (persone disoccupate che non studiano, non cercano lavoro né vivono di rendite varie) ha trovato campo fertile negli ultimi anni e proprio con la Gen Z, abbiamo avuto modo di osservare tramite i dati Istat (poi ripresi e arricchiti da Osservatorio Vorwerk) come quest’estrazione particolare di disoccupati sia in netto calo (-6% in 5 anni, portando l’occupazione giovanile dal 30 al 39% nella metà del tempo). I giovani vogliono lavorare, ma vengono erroneamente definiti pieni di scuse e pretesti per non farlo. Quello che può essere pessimisticamente guardato con occhio malizioso, ha però la possibilità di sottolineare una voglia di cambiamento che, come abbiamo stabilito in precedenza, è e sarà fondamentale per la prosecuzione del “progetto buon lavoro” che tanto inseguiamo.

Lavorare diversamente, anzi, meglio; questo il messaggio di fondo che possiamo leggere tra le righe nell’atteggiamento dei Gen Z-ers. Emerge la preferenza per ambienti di lavoro orientati verso la creatività e lo spirito di “intra-indipendenza”: commerciali, addetti alle vendite al dettaglio, ma anche artigianato e lavoro manuale classico; quello che possiamo arguire dai nuovi inserimenti nel mondo del lavoro è il fatto che la stragrande maggioranza dei giovani sia non solo disposta a “sporcarsi le mani” svolgendo professioni che, sempre stando ai luoghi comuni, non piacciono più perché “troppo faticose” o “poco soddisfacenti”, ma anche a mettersi in proprio se stimolati da un minimo di garanzie.

D’altronde è ben noto che la quasi totalità dei cambiamenti (siano essi buoni o cattivi, riguardanti lavoro o sfera privata) venga accolta con poco fervore e con molta diffidenza. Questa potrebbe essere la generazione che imparerà ad approcciare al cambiamento con occhio più elastico e improntato sul problem solving, e finalmente sta venendo resa loro giustizia analizzando prima di trarre conclusioni.

In Conclusione

Ovviamente, quello che è al momento un fenomeno in ascesa non esclude in automatico la veridicità (seppur minima) di alcuni luoghi comuni, che non vanno mai branditi come un vero dato, ma che possono sempre fornire spunti di riflessione sul perché vengano diffusi. invitiamo come sempre i giovani a non sacrificare la propria felicità in nome di qualcosa che stia loro stretto, sia esso un lavoro o una qualunque altra situazione; invitiamo come sempre a puntare alla vetta: imparare sempre qualcosa, aprirsi totalmente al pensiero critico, comprendere e fare proprie uguaglianza ed equità. Non siete soli, anzi, presto la giustizia sociale e la parità di opportunità potranno davvero definirsi la norma, dobbiamo solo continuare a portare altissimo il nostro messaggio, senza mai arretrare.

come sempre: buon lavoro.