Argomento spinoso quello di oggi, si parla di una variante un po’ più sottile della “semplice” discriminazione: stando ad un’analisi condotta da Cisl allo scadere del report finanziario di Marzo (in cui si è verificata una nuova impennata dei contratti part-time, in netta contrapposizione al periodo precedente) del 7% di uomini e 31% di donne che svolgono una professione part-time in Italia, una piccolissima percentuale di essi lo fa per scelta. Andiamo ad approfondire quale messaggio si nasconde dietro questi numeri.
L’ennesimo record negativo
“Se alcuni lavoratori preferiscono o scelgono il part time come un’opportunità, la realtà evidenzia come per la stragrande maggioranza dei part-time involontari le condizioni di estrema flessibilità nell’uso degli orari rendono i lavoratori persone che si devono adattare al ciclo e agli orari delle aziende. Come emerge anche dall’attività ispettiva condotta dall’Inail, in un rapporto regolarizzato a part time spesso si nasconde un full time irregolare“, questo l’allarme lanciato dalla Cisl in riferimento alle nuove risoluzioni contrattuali part-time in crescita.
Questo fenomeno descritto da Cisl e Inail è definito “part-time involontario“. e viene subìto da moltissimi lavoratori, in tutta l’Unione Europea. L’Italia detiene la nota d’infamia per il primato del 58% dei casi di part-time involontario sulla totalità dei contratti della stessa tipologia.
Non solo, il part-time in Italia viene visto dai malintenzionati come un ottimo modo per risparmiare su stipendio e vincoli contrattuali a scapito dei collaboratori: dalle numerose testimonianze e lamentele giunte ai due enti sopracitati, la riflessione verrebbe in particolar modo riservata alle donne, che spesso sono costrette ad accettare contratti di questo tipo per mantenere l’equilibrio casa/lavoro, essendo le donne la fascia “più colpita” dalle responsabilità genitoriali. Non esistendo forme di incontro con le famiglie composte da due genitori lavoratori ed essendo poco diffusa l’usanza delle scuole a tempo pieno, il nostro Paese mette in seria difficoltà le famiglie che si trovano costrette a svolgere più lavori.
Il part-time è uno strumento che segna la svolta per moltissimi studenti universitari e per persone che conciliano il lavoro con genitorialità o aslti aspetti personali: urge però un radicale cambiamento della formula. Bisognerebbe in primis considerare il potere he questo tipo di contratto fornisce ad alcuni datori di lavoro che potrebbero sfruttarlo in maniera sbagliata, va inoltre perseguita la battaglia per i diritti delle lavoratrici incinta e per far sì che si riduca l’attrito tra persone che vogliono equilibrio e datori di lavoro che non vogliono sprofondare economicamente.


In Conclusione
Finché un contratto part-time implicherà svantaggi in termini di diritti da una parte o di indennizzi dall’altra, aleggerà sempre il tetro spirito di guerra che crea inimicizia nei luoghi di lavoro, e riduce ulteriormente il dialogo tecnico tra lavoratori e imprenditori. Il silenzio non fa il gioco di nessuno.
Per potersi smettere di accontentare, bisogna volersi smettere di accontentare.
Se lo facciamo insieme, è più facile.
come sempre: buon lavoro.