è vero che si lavora in tutto il mondo, è anche vero che molti lavori sono pressoché identici sia che vengano svolti in Italia che all’altro capo del globo. Ciò che cambia però è il mindset con il quale si vivono le realtà lavorative. Siamo una Repubblica fondata sul Lavoro, eppure non siamo grandi amanti del lavoro: cerchiamo quasi sempre quello che paga meglio, spesso lasciamo Istituti Superiori e Università senza avere un’idea definita di cosa vorremmo fare davvero, e le motivazioni che ci portano a questo senso di confusione sono molteplici. 

 

 

Perché cerchiamo lavoro senza cercarlo, all’estero va meglio?

Una delle motivazioni che ci spinge a cercare un lavoro senza una vera e propria spinta è la sfiducia: sono pochissimi i candidati che partono con convinzione verso il proprio Dream Job, spesso perché non hanno ricevuto abbastanza informazioni sulla strada da percorrere, altre volte perché sentono di star sognando troppo in grande e temono di imbarcarsi per un viaggio senza destinazione. Un senso di sfiducia che trasforma il lavoro in un’onere, un peso che ci accompagna per tre quarti della nostra vita e che ci garantisce la sopravvivenza, niente di più, niente di meno.

Ma i lavoratori delle altre Nazioni? Come considerano ed interpretano il lavoro ed il proprio lavoro nella società?

Stando alle opinioni condivise in forum attinenti, l’approccio alla crisi economica, alla disoccupazione o alla ricerca di lavoro cambiano radicalmente anche tra Paesi confinanti o con forme di governo e norme sociali molto simili tra loro.

Ad esempio, il Giappone sta guadagnando molta rilevanza nel mondo della “Hustle mentality”, quell’atteggiamento di dedizione totale al lavoro, all’inseguimento del successo finanziario. I giapponesi traggono vanto dal proprio lavoro, qualunque esso sia; è l’atto stesso di dedicarsi all’operosità sopra ogni cosa che fa un buon lavoratore a loro avviso.

In Cina vige quasi lo stesso mindset, con una spiccata predilezione per le carriere di natura scientifica o militare, che vengono considerate “superiori” a quasi ogni altro percorso professionale, salvo in parte quello dei broker, che riescono a far fortuna con il supporto di programmi e sovvenzioni governative.

Gli U.S.A., che al momento si trovano a fronteggiare una delle crisi economiche più acute dell’ultimo secolo, sembrano essere giunti ad un periodo di indecisione: alcuni settori continuano a prosperare e quindi a beneficiare gli addetti ai lavori, altri risentono dell’inflazione e vengono considerati come “punti d’appoggio” per lavoratori che già svolgono altre mansioni.

In Europa la situazione è molto più variegata a causa dell’enorme differenza tra stili di vita, situazioni socio-economiche e PIL delle singole Nazioni, è ancor più complesso trovare risposte univoche rispetto agli altri Paesi nominati; per quanto riguarda i lavoratori dell’Europa settentrionale, spesso inseguono la carriera dei propri sogni e riescono ad arrivarci o cercano di ritagliarsi il proprio spazio nel mondo del lavoro, difatti sono tra i Paesi con il maggior numero di artigiani in proprio pro-capite.    

 

 

In Conclusione

Il lavoro è sempre lo stesso in tutto il Mondo anche se non lo è mai. Vero, sicuramente lo stato economico di un Paese condiziona la risposta al lavoro e l’interpretazione di esso da parte dei lavoratori, ma spesso è il modo in cui si approccia a questo mondo che determina il successo individuale. Con questo non voglio assolutamente sottintendere che inseguire i propri sogni (o anche solo concepirli) sia facile, ma che rinunciarvi in partenza può condizionarci ad accettare di non essere dove vogliamo, indipendentemente dalla situazione che ci orbita intorno. Noi di Camelot facciamo e faremo il possibile per essere Alleati del Lavoro Ideale e per essere accanto ad ogni candidato nella ricerca del suo sogno o della sua realizzazione.

Come sempre: buon lavoro .