Nuova vicenda, stessa situazione. In questo blog ho spesso fatto riferimento a come la situazione lavorativa in Italia non tuteli il mondo del “lavoro 3.0”, in termini di contratti, di unioni di lavoratori e di tutela dei diritti sul lavoro. La storia menzionata oggi dimostrerà come talvolta il problema derivi non solo dagli enti governativi che sembrano indisposti, ma dall’organico aziendale stesso, che in alcuni casi pecca in termini organizzativi e non sa definire le proprie necessità  di risorse umane. Apprenderemo inoltre come questo problema non si verifichi solo nel Bel Paese o in Europa, ma varca anche i nostri confini continentali. 

La vicenda 

Protagonista di questa storia è una graphic designer statunitense, Sierra D. Frederick, che ha raccontato la sua sventurata situazione sui propri canali social, in cerca di spiegazioni o di delucidazioni da persone che hanno subìto esperienze simili, o da qualcuno nello stesso ramo aziendale dei manager che l’hanno lasciata andare senza cerimonie. I fatti risultano inspiegabili e poco logici: la ragazza aveva da pochissimo accettato una proposta di lavoro presso un’azienda tech come grafica, e le premesse sembravano interessanti. Nel concreto, ms. Frederick si è trovata ad “inseguire” i colleghi e superiori che avrebbero dovuto farle da tutor per l’utilizzo dei software e programmi aziendali, a reiterare le sue richieste di delucidazioni sul da farsi quotidiano, e a ricevere puntualmente risposte di disimpegno sulle righe di “non so cosa fare per aiutarti”. La sua brevissima esperienza con l’azienda è durata circa 5 giorni, dopodiché, presentatasi al lavoro pronta ad un’altra giornata passata a provare ad imparare tutto da sola, quando si è trovata davanti la scioccante rivelazione: senza spiegazioni né colloqui di rito, il suo contratto era stato rescisso e lei avrebbe dovuto lasciare la struttura aziendale quanto prima. 

Una situazione che ha lasciato un profondo senso di amaro in bocca a Sierra, che rimpiange sopra tutto di aver accettato molti sacrifici (come il guidare per 40 minuti ad ogni andata/ritorno dal lavoro) e di aver lasciato la sua precedente posizione, credendo che questa nuova occupazione le avrebbe regalato grandi soddisfazioni in itinere.

In Conclusione

Come c’era da aspettarsi, l’intero pubblico si è schierato con Sierra (tra cui ovviamente anche noi di Camelot), e resta in attesa di sviluppi, quantomeno per capire la ragione di un licenziamento così immediato, costellato da indisposizione dei tutor e apatia dei colleghi. Seguiremo la vicenda in attesa di delucidazioni, e continuiamo nel frattempo a batterci per assicurarci che queste ingiustizie non si verifichino mai più in alcun contesto lavorativo. Quanti più decideranno di appoggiare la nostra Quest, quanti più saremo a far sentire la nostra voce contro un sistema di assunzioni che fa acqua da tutte le parti, non solo in Italia.

Come sempre: buon lavoro.