Vi è mai capitato di perdere il lavoro (o di rischiare di perderlo) per una situazione al limite? Una situazione di natura complessa o delicata? Parrebbe essere ciò che si è verificato nei giorni scorsi presso un call-center in provincia di Bologna, dove un impiegato cinquantacinquenne sarebbe stato allontanato dall’azienda per aver bestemmiato. La causa? Continui e sistematici malfunzionamenti al sistema dei computer.

Tutto sembrerebbe essere nato da un costante sfarfallio dei sistemi di connessione, e dagli apparati inoltre non  abbastanza performanti. Il dipendente in questione ha espresso la sua frustrazione all’ennesimo blocco, ma ha avuto la sfortuna di essere sentito da una figura manageriale che, proprio in quel momento, passava accanto alla sua postazione. Scatta il licenziamento per questioni di condotta inaccettabile, tutto ciò è avvenuto giovedì scorso. Flash-forward a questa mattina: con una percentuale vicina al 95%, i dipendenti scioperano , invocando giustizia per  l’oramai ex-collega, esibendo messaggi di supporto e di dolceamaro humour sulla vicenda.  

Al momento non sembrano esserci sviluppi né prese di posizioni da parte dell’azienda e della ditta appaltatrice coinvolte, ma i sindacati affermano che il licenziamento in tronco fosse fuori luogo ed eccessivo, oltre che penalmente scorretto, in quanto la causa del licenziamento menzionata dall’azienda non sarebbe impiegabile per situazioni di natura così lieve.

Vicenda a parte, è opportuno riflettere sulla situazione, perché aldilà dell’attenzione mediatica che è stata sollevata dal licenziamento disciplinare, la repentinità del provvedimento fa molto discutere.

Premettendo che la volgarità, la bestemmia, la “parolaccia” non siano mai dimostrazioni di spiccato savoir-faire, non costituiscono comunque ragione valida di licenziamento, a meno che quest’ ultimo non avvenga in seguito a più di una ripresa o ammonimento da parte dell’azienda stessa. Talvolta vengono fatte delle “eccezioni” nel caso in cui si pronuncino determinate volgarità in situazioni di confronto con i clienti, o nel caso in cui sia una figura manageriale ad esprimersi in maniera “tale da rendere impossibile il prosieguo dell’attività lavorativa senza uno stato emotivo compromesso”.

Dal mese di Febbraio del 2023, la Corte di Cassazione ha emesso l’ordinanza n. 4831 nella quale viene deliberato che:

 “L’utilizzo di un linguaggio volgare nei confronti dei superiori non può essere punito con il licenziamento, ma solo con sanzioni conservative; la ratio è che la sanzione disciplinare sia proporzionata alla condotta del lavoratore e in linea con il buon senso comune.” 

Considerando che il 55enne bolognese in questa situazione non stava rivolgendosi a nessuno in particolare, il provvedimento disciplinare preso nei suoi confronti potrebbe ritorcersi contro l’azienda stessa, e arrivare perfino alla ditta appaltatrice. 

Noi di Camelot ci asteniamo dal formulare giudizi morali sulla vicenda, ma siamo sempre dalla parte del lavoro e del lavoratore, soprattutto se punito ingiustamente o illegalmente  in qualunque modo o forma. 

E voi? Cosa avreste fatto nei panni del lavoratore? E in quelli della figura manageriale? 

Inoltre, qual è  la vostra opinione in merito alla vicenda e al dilemma che ha sollevato?

Come sempre: buon lavoro .