[da Progresso/IA/Ethical Research]
Questa mattina, nell’informarmi sugli ultimi avvenimenti, mi sono trovato davanti ad una notizia peculiare: ci si interrogava sull’impatto delle nuove tecnologie sul mondo del lavoro, in particolar modo, ovviamente, ci si pongono dubbi sull’IA. Nonostante sia un argomento che genera dibattiti sin dalle prime fasi, è importante analizzare ogni aspetto di questa nuova realtà, dato che (potenzialmente) ci troviamo davanti alla classica “tecnologia troppo potente per le mani e le menti umane“.

Il dubbio è stato sollevato mettendo a confronto le prime due rivoluzioni (industriale e verde) che hanno coinvolto il mondo del lavoro, mostrando che, nonostante si associ spesso l’avvento del nuovo all’arrivo di tante opportunità d’impiego, in realtà ciò che aumenta è la produttività, mentre le posizioni aperte diminuirebbero.
E’ ciò che si è verificato all’epoca, e ciò che si teme possa avvenire oggi. C’è però una variabile importante, di cui parleremo ora.
Le rivoluzioni Industriale e Verde hanno introdotto grandi automazioni che hanno dato e tolto lavoro: un esempio potrebbe essere il fatto che, con l’arrivo del tornio, o della fresatrice, sicuramente alcuni operai dovettero fare i conti con la neo-disoccupazione. Allo stesso modo, con l’arrivo di computer e sistemi di immagazzinamento su larga scala, diverse figure umane che si occupavano di raccolta dati hanno avuto la stessa sorte.
Questa nuova frontiera dell’umanità e della tecnologia, però, ha delle variabili che potrebbero letteralmente gettare il mondo nel suo periodo più infausto; o sospingerlo verso la più alta vetta che potremmo mai raggiungere in quanto specie.
Ormai conosciamo tutti il concetto di Intelligenza Artificiale, uno di quei termini futuristici che tanto piacciono ai registi cyberpunk e agli autori che seguono i lasciti del leggendario Asimov (per intenderci, il fondatore del genere fantascientifico, l’inventore delle leggi della robotica e redattore delle prime misure di contenimento o tutela degli umani in vista di futuri distopici).
L’Intelligenza Artificiale sta trovando gli usi più disparati, ed alcuni di questi sono sufficienti a farci versare una lacrimuccia: viene impiegata per scrivere testi al nostro posto, viene impiegata per realizzare opere d’arte al nostro posto, fino alla terrificante prospettiva dell’IA che crea deepfake (immagini e video ad altissima fedeltà che simulano volti esistenti) e modulizza le voci umane, imparando da poche parole pronunciate.
Questi utilizzi vengono diffusi e resi sempre più accessibili, e questo andrebbe seriamente considerato un problema: non possiamo, non dobbiamo o non dovremmo volere che la parte migliore dell’essere umano diventi una goffa manipolazione artificiosa di codici che sanno imparare.
D’altra parte però, ciò che non stiamo considerando (non a sufficienza, evidentemente!) è la possibilità di scinderci dal sistema consumistico globalizzato, per perseguire i sogni e le emozioni umane su un piano molto più importante. in antitesi a quanto esemplificato prima, l’IA potrebbe proiettarci nell’utopia nella quale gli esseri umani possono smettere di essere vincolati a realtà che rischiano di sembrare vuote; potremmo dedicare tutte le nostre giornate ad apprendere, crescere, acculturarci ed esprimerci, potremmo rinunciare al soldo in cambio della libertà, e relegare questa rivoluzionaria invenzione a triviali e umanamente pressanti compiti d’industria.
Che l’amiamo o la disprezziamo, che la comprendiamo o la rinneghiamo, è innegabile e indiscutibile la potenza e la portata di ciò che l’umanità sta creando; basti pensare ai dibattiti che accende, all’entità di essi, al fatto che quando si parla di IA, le opzioni previste coinvolgono le sorti dell’umanità su scala globale, sempre e comunque.
Un utilizzo più responsabile di questa tecnologia potrebbe rallentare il progresso ma favorire la riflessione.
Un’idea simile è venuta a tante personalità di rilievo in campo scientifico, tecnologico, militare, politico ed accademico: è stata scritta un paio di anni fa, con il contributo di Stephen Hawking, Elon Musk, Steve Wozniak e persino Yoshua Bengio (uno dei pionieri della tecnologia IA) una Open Letter (sfociata poi in petizione) atta a spiegare i pericoli della sperimentazione incontrollata che preveda l’IA ed invitava a tracciare dei confini che si accertassero dell’assoluto scopo ed esito benefico di ogni sperimentazione sopracitata. La lettera venne poi ripresa e modificata per includere un periodo di tempo pari a 6 mesi minimo, per fermare tutto e chiedersi se fosse il caso di procedere in alcune direzioni con IA. La versione con aggiunte è consultabile qui. Per consultare entrambi i documenti, è preferibile una buona conoscenza della lingua inglese.
In sintesi, l’IA è un super-strumento ed una nuova frontiera della conoscenza umana, senza inflessioni morali e senza uno scopo ultimo. Sta a noi decidere se vivere come in quel famoso film animato con il robottino giallo a protagonista, o cercare soluzioni inesplorate che non presentano (troppi) rischi.
Nota Bene: trattandosi di un argomento estremamente variegato e di natura relativamente complessa, ritengo opportuno approfondire la questione Progresso/ IA /Ethical Research in successivi articoli a cadenza settimanale.
Saranno facilmente distinguibili dagli articoli generali dal titolo, che prevederà sempre e comunque “Progresso /IA/ Ethical Research” all’inizio.
Come sempre: buon lavoro.